È stato un anno difficile per il Bitcoin “BTC”. Dopo aver raggiunto un prezzo massimo storico di 69.000 dollari lo scorso novembre, l’asset digitale ha visto un crollo del 70% , al momento della pubblicazione di questo articolo. Certo, questo tipo di volatilità ha caratterizzato BTC fin dalla sua nascita nel 2009 e se ne analizziamo la storia, negli ultimi 13 anni, BTC ha subito 23 cali superiori al 30%, compresi 5 cali di quasi l’80%.
Il declino più recente del BTC, tuttavia, è animato da circostanze uniche.
Gli ultimi due anni rappresentano un nuovo livello di crescita nell’adozione per BTC. Tra marzo 2020 e fine 2021, il Covid-19 ha costretto i governi e i ministeri delle’ economia e finanze ad adottare misure restrittive in tutte le principali economie. Di fronte al più grande divario deflazionistico dal secondo dopoguerra, e alla luce del debito globale, i responsabili politici hanno messo in atto livelli di stimolo fiscale e monetario senza precedenti.

Di conseguenza, la misura più diffusa dell’offerta monetaria, M2, è cresciuta del 40% nei soli Stati Uniti.
L’iniezione di liquidità associata alla pandemia ha fatto lievitare i prezzi di tutti gli asset e ha spinto la maggior parte dei settori a massimi storici.
Dal 12 marzo 2020 al 14 aprile 2021, si stima che circa 300 milioni di nuovi investitori sono entrati in BTC e il prezzo è passato da 4.800 a 63.000 dollari, con un aumento del 1.200%1.
Bitcoin e la correlazione con la liquidità
BTC sta diventando una classe di attività più mainstream. In effetti, i prezzi del BTC sono diventati strettamente correlati con gli asset macro tradizionali e legato alle variazioni della liquidità monetaria.
A differenza del periodo compreso tra gennaio 2016 e marzo 2020, quando la relazione tra il prezzo del BTC e la liquidità era piuttosto bassa, da marzo 2020 in poi la correlazione è aumentata significativamente.

Nel 2020, molti importanti investitori, tra cui Paul Tudor Jones e Bill Miller, hanno sostenuto l’idea che Bitcoin possa servire da copertura contro l’inevitabile svalutazione del credito e delle valute. Non è andata così. A metà del 2021, gli effetti inflazionistici sull’economia globale hanno portato a un inasprimento da parte delle banche centrali entro la fine dell’anno. Questo ha portato al crollo dei prezzi di tutti gli asset, compreso il BTC.
Oggi esistono due tipi di investitori in BTC fondamentalmente diversi: gli speculatori e gli allocatori.
Il modo più semplice per spiegare la differenza tra questi due tipi di investitori è che gli speculatori investono in BTC per ottenere più dollari, mentre gli allocatori investono per contrastare la perdita di potere d’acquisto del dollaro. In altre parole, mentre il primo è motivato principalmente dal desiderio di ottenere un profitto, il secondo ritiene che il dollaro e gli altri asset possano non essere più depositi di valore affidabili, e quindi decide di allocare strategicamente in BTC come un’alternativa sempre più valida.
Gli speculatori, come tutti i trader, sono profondamente influenzati dalle condizioni di liquidità e del credito. Si nutrono di volatilità. Gli allocatori, al contrario, sono investitori a lungo termine, non utilizzano la leva finanziaria e sono più interessati a costruire posizioni al prezzo più basso possibile.
Il prezzo di Bitcoin quindi, è il risultato dell’interazione tra queste due classi di investitori.
La chiave per una transizione definitiva del BTC dalla sua natura “speculativa” dipende dalla misura in cui gli allocatori finiranno per “escludere” gli speculatori.
Al di là del mondo delle criptovalute, il mondo stesso sta attraversando un periodo di rapida transizione.
Ci troviamo nel bel mezzo della deglobalizzazione e il nuovo regime, combinato con l’invecchiamento della popolazione ed una diminuzione del tasso di occupazione, hanno favorito un aumento esponenziale del debito pubblico.
La funzione di reazione della politica globale è stata quella di stringere la liquidità e sgonfiare i prezzi degli asset. È probabile che questo regime duri per qualche tempo, poiché la storia dimostra che quando il debito raggiunge determinati livelli, la svalutazione monetaria diventa lo scenario prevalente.
È improbabile che le condizioni macro cambino, anzi, potrebbero peggiorare, è probabile che le perdite aumentino e persistano.
Alcuni settori, tuttavia, sono sfuggiti al crollo e sono riusciti a performare molto bene, sto parlando dei beni reali, come l’energia e le materie prime, rispettivamente del 62% e dell’8%, negli ultimi 12 mesi.
La ragione di questa divergenza è ovvia: in un mondo in cui le monete “fiat” e le obbligazioni devono essere svalutate, gli asset con una scarsità verificabile sono destinati ad essere adottati e valorizzati. Il già citato processo di deglobalizzazione aggiunge inoltre un importante elemento di rischio geopolitico e di disfunzione dell’offerta. Poiché gli investitori cercano protezione dei loro risparmi, è solo questione di tempo prima che il nuovo paradigma macro cominci a mostrarsi.
BTC è uno degli asset più “difficili” disponibili.
La scarsità è garantita dalla criptografia e negli ultimi 12 anni si sono dimostrati estremamente resistenti a ogni tipo di sfida. In quanto bene digitale , è estremamente agile in termini di custodia, trasferimento e liquidità. Tutte qualità fondamentali in un mondo sempre più incerto. La stragrande maggioranza dei BTC in circolazione è già nelle mani di investitori ed operatori di mercato che hanno sempre mostrato un interesse molto limitato a vendere in cambio di USD o altri asset, almeno ai prezzi attuali. Solo circa 380k BTC vengono “estratti” ogni anno.
A fronte di un valore attuale totale di circa 400 miliardi di dollari di BTC, si stima che ci siano 370.000 trillioni di dollari in valuta e credito “fiat”. Inoltre, ci sono altri 110 trilioni di dollari in azioni che dipendono dalla crescente liquidità. Anche se solo un misero 1% di questi asset venisse ridistribuiti in BTC, rappresenterebbe un importante entrata di capitale.
Man mano che gli investitori globali fanno i conti con la realtà della nuova narrativa macro, cercando protezione per i loro risparmi e la loro ricchezza, potremmo assistere ad una migrazione secolare dal “fiat” al “real”.
